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La mano del padrone di Filippo Anastasi

Giornalista e scrittore, è stato direttore di Rai Giubileo, capo dell’informazione religiosa della radiofonia, ideatore e conduttore di Oggi2000, vicedirettore dei Giornali Radio Rai, vicedirettore del TG2, conduttore e caporedattore del TG1, inviato de «Il Messaggero» di Roma.
«Microfono d’argento» per i servizi televisivi sul Corno Giornalista e scrittore, è stato direttore di Rai Giubileo, capo dell’informazione religiosa della radiofonia, ideatore e d’Africa in guerra, premio «Saint Vincent» per il giornalismo radiofonico, premio «Padre Pio». È autore, tra l’altro, di Giorni nostri verso il 2000 (Bietti, 1978), Padre Pio, la sua voce, la sua storia (Rai-Eri – Padre Pio, 2000-2002), in diverse edizioni e tradotto in più lingue, In viaggio con un Santo (Edizioni Messaggero Padova, 2011), Voci del mondo (Edizioni Messaggero Padova, 2013). Autore di numerosi docufilm per Rai Uno, Rai Tre, La grande storia, TV2000.
Nato a Roma, laureato in lettere, è stato assistente incaricato di Storia Moderna all’Università La Sapienza.

Gli stereotipi sulla Sicilia sono tanti: i vinti di Acitrezza; la maschera di uno, nessuno e centomila; i gattopardi che vogliono cambiare tutto per non cambiare nulla; la metafora della linea della palma e del caffè ristretto, la bella sedotta e poi abbandonata; il bell’Antonio, assai ambito dalle ragazze, ma di fatto impotente; il Godfather con il suo accento riconoscibile; insomma chi più ne ha più ne aggiunga.

Ma la Sicilia del Novecento, è davvero ancora così? Se lo domanda e dà una risposta esaudiente il giornalista, scrittore, Filippo Anastasi, nel suo “La mano del Padrone” (All around).

Una saga familiare che si snoda per tutto il novecento in una Sicilia dove, una volta tanto, non è la mafia a farla da padrona, ma una tradizione antiquata intrisa di cortesia greca, di ospitalità araba e di innovazione normanna. Protagonista dispotico è don Carmelo, padre padrone, nato povero e diventato talmente ricco da non sapere più come consumare il patrimonio ereditato dalla moglie. La mano del padrone si cala violenta sulla vita dei suoi figli, segnandola per sempre, in una serie di vicende narrate con minuzia. Tutti i personaggi della saga prendono vita autonoma, ruotando sempre intorno al “padrone”, che domina la scena.
Una racconto ben descritto che fa riflettere sul dolore e soprattutto sulla maschera che ognuno di noi è costretto a indossare talvolta per non essere biasimato, per mostrarsi forte in una società che guarda solo all’apparenza!

Questa storia si legge con afflato e con rispetto perché, Filippo Anastasi, ci svela i fatti con le di parlate tipiche,le descrizioni paesaggistiche, le tradizioni popolari di un mondo in un tempo in cui con poco si cercava di fare tanto. Ci fa conoscere Pina e tutto ciò che le alita intorno con il tono di chi vorrebbe raccontare una fiaba ai più piccoli, per metterli in guardia dall’imprevedibile ferocia degli adulti e far comprendere a quest’ultimi che il loro senso della morale e dei valori debba avere, come compito primo, la capacità di proteggere i fanciulli dai mali del mondo. Questo è quanto un lettore accorto legge tra le righe perché l’autore, dai “cunti” dei cantastorie e dalle fonti orali tramandate negli anni, riesce a stare al di sopra di tutto modulando i toni da cronista con quelli da poeta per offrirci la sinfonia “ la mano del padrone” fatta di storia siciliana.

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