Filippo Nanni è nato a Roma nel 1958. Laureato in Giurisprudenza, è giornalista professionista dal 1988. Ha lavorato vent’anni in televisione (2002-2022), è stato vicedirettore di Rainews24 fino a gennaio 2022 per poi tornare come vicedirettore al Giornale Radio Rai. Ha seguito da inviato grandi avvenimenti in Italia e all’estero. Processi (Pacciani, Chiatti, Stevanin), inchieste (mafia, brigate rosse, sequestri), disastri naturali (terremoti, eruzione dell’Etna), il G8 di Genova, missioni militari, grandi manifestazioni sportive: 6 Giri d’Italia, 3 Tour de France, Classiche del Nord, Mondiali di ciclismo, Mondiali di calcio in Corea e Giappone (2002), Mondiali di calcio in Germania (2006), Olimpiadi invernali di Torino (2006). In Rai dal 1991, ha lavorato al Giornale Radio, al TG3 (Caporedattore Cronaca), a Rai3 (autore di programmi tra i quali Ballarò). Per i servizi radiofonici realizzati durante il processo Pacciani ha vinto il Premio Cronista 1995 organizzato dall’UNCI (Unione Nazionale Cronisti Italiani). Dal 1999 insegna alla Scuola di giornalismo di Urbino (IFG). Ha scritto: L’alba di Bugno, A cinque secondi dal via, Sopravvivere al G8, Il salvarticolo, Fatti chiari, Il mostro in frantumi.
La sua ultima fatica letteraria Il ciondolo di Alice edito da Vallecchi.
Il romanzo segue un giornalista in pensione che decide di indagare sulla misteriosa morte di Alice, una giovane cronista trovata senza vita nella sua casa. Il caso è stato chiuso troppo in fretta, ma lui non si accontenta delle versioni ufficiali e inizia una ricerca tra ricordi, silenzi e un piccolo ciondolo che potrebbe nascondere più verità di un’intera redazione.
“Il ciondolo di Alice” di Filippo Nanni sembra essere un romanzo che va oltre il giallo investigativo, toccando corde più profonde legate alla memoria, alla verità e alla fragilità umana. Il protagonista, un giornalista in pensione, non accetta le versioni ufficiali e si lancia in un’indagine che diventa anche un viaggio personale, una riflessione su ciò che resta quando l’eco di una storia si spegne.
Il tema del giornalismo che cerca ancora di preservare un’etica, l’importanza dei dettagli apparentemente trascurabili, e quel sottile legame tra chi cerca la verità e chi ormai non può più raccontarla: è una premessa potente.
Il caso è stato chiuso troppo in fretta, ma lui non si accontenta delle versioni ufficiali e inizia una ricerca tra ricordi, silenzi e un piccolo ciondolo che potrebbe nascondere più verità di un’intera redazione.
E’ una riflessione sull’essenza stessa del giornalismo, sull’importanza dei dettagli e sulla necessità di continuare a cercare la verità, anche quando tutto sembra già deciso. Il protagonista, un giornalista d’altri tempi, vede in quel piccolo oggetto dimenticato non solo una possibile chiave del mistero, ma anche un simbolo di un mestiere che un tempo significava indagare, scavare a fondo, non fermarsi alle apparenze.
L’idea di un ciondolo è il segnale di quanto, spesso, siano i dettagli silenziosi a raccontare le storie più importanti. Questo libro sembra avere il cuore di un noir investigativo ma la profondità di un romanzo che parla di memoria, di perdite e della necessità di non lasciare che le verità vengano archiviate troppo in fretta.
La domanda centrale del romanzo è potente e universale: cosa resta di una vita quando la notizia svanisce? È il dilemma di chi racconta le storie, ma anche di chi le vive, spesso dimenticato quando l’interesse si spegne.
Filippo Nanni, con la sua prosa precisa e sensibile, sembra costruire una narrazione che è al tempo stesso un’indagine e una riflessione esistenziale. Il suo protagonista non cerca solo risposte su Alice, ma cerca anche di capire il senso di un mestiere, di un’esistenza che si muove tra il dovere della verità e i vuoti lasciati dagli eventi. Il romanzo attraversa il tempo, intrecciando passato e presente, e affronta temi profondi come la solitudine, il rimorso e il peso delle cose non dette.
Teresa, collega di Alice, si trova davanti a un citofono con le sole iniziali “A.M.”, in una periferia romana abbandonata a sè stessa. Il silenzio che segue il suo tentativo di contatto amplifica il senso di desolazione e mistero, aprendo la strada a un’indagine che non è solo giornalistica, ma anche esistenziale.
Il romanzo sembra costruire un’atmosfera intensa, dove ogni dettaglio – anche il più apparentemente insignificante – può nascondere una verità più grande.
L’innaffiamento automatico che interrompe il silenzio, il caldo torrido che avvolge tutto, la strada deserta: sembra il preludio a una rivelazione o a un momento cruciale della narrazione. “Il ciondolo di Alice” costruisce un’atmosfera carica di inquietudine, dove anche un semplice citofono con due iniziali può diventare un simbolo di domande senza risposta.
Teresa, con il suo gesto ostinato, trasmette tutta la tensione di chi cerca una verità, ma trova solo silenzio. È affascinante vedere come il romanzo utilizzi questi dettagli per amplificare il senso di solitudine e abbandono, trasformando luoghi ordinari in spazi carichi di significato.
Il ciondolo diventa un simbolo potentissimo: un dettaglio apparentemente irrilevante che racchiude più verità di tante parole scritte. E qui emerge il tema dei non detti, di tutto ciò che sfugge alle versioni ufficiali e agli articoli di routine. Il romanzo sembra porsi una domanda fondamentale: il giornalismo può ancora essere un mestiere di ricerca autentica, o è condannato a una narrazione superficiale?
Sembra un’opera che unisce il noir alla riflessione sociale, con un protagonista che sa che la verità non è mai semplice.
Il citofono con le iniziali “A.M.” diventa un elemento simbolico di attesa e di vuoto, un frammento di mistero che amplifica la tensione narrativa. Teresa, con il suo gesto, non solo cerca una risposta, ma sfida il silenzio di una città che sembra aver voltato pagina troppo in fretta. “Il ciondolo di Alice” usa magistralmente questi dettagli per costruire un’atmosfera densa di inquietudine, dove ogni angolo urbano porta traccia di una storia dimenticata.
L’indagine non è solo quella di una morte misteriosa, ma quella di un’esistenza che rischia di scomparire nel tempo e nell’indifferenza. Il romanzo riesce a far emergere quanto la ricerca della verità sia anche una ricerca di significato, di connessione, di qualcosa che resista al silenzio. È affascinante vedere come un piccolo gesto come premere un citofono diventi il catalizzatore di domande più profonde.
Il romanzo di Filippo Nanni si sviluppa come un’indagine che va oltre la cronaca, scavando nelle verità dimenticate e nei silenzi che circondano la morte di Alice. Il protagonista, segue indizi che lo portano a riconsiderare non solo il caso, ma anche il senso del suo mestiere e della memoria stessa.