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Quattro storie per quattro esperienze di accudimento/ attaccamento disfunzionali l’effetto nocivo dell’imprinting sui figli. Di Marina Bonadeni

Marina Bonadeni è nata a Milano nel 1964, abita e lavora a Roma dal 2009. E’ una psicologa-psicoterapeuta ad orientamento cognitivo comportamentale-evoluzionista, Terapeuta EMDR. Ha conseguito il Certificato di I e II Livello nella Terapia Sensomotoria, esercita privatamente la professione ed è iscritta all’Ordine degli Psicologi del Lazio ( con il n. 20080).

Pubblica nel 2025 Quattro storie per quattro esperienze di accudimento/ attaccamento disfunzionali l’effetto nocivo dell’imprinting sui figli.

Questo è un libro che intreccia narrazione e psicologia per illuminare le radici delle relazioni familiari e il loro impatto sulla vita adulta. La riflessione sui gesti quotidiani, sulle parole non dette e sulle eredità invisibili è potente: ci ricorda quanto la consapevolezza possa essere trasformativa.

Questa “reazione protettiva” è spesso una strategia inconscia per sopravvivere emotivamente a un ambiente carente di elementi essenziali per lo sviluppo. Può manifestarsi in diversi modi: chiusura emotiva, iper-indipendenza, adattamento eccessivo alle aspettative altrui, oppure difficoltà nel fidarsi degli altri. In alcuni casi, questi schemi possono persistere anche in età adulta, influenzando le relazioni personali e la percezione di sé.

Ma la consapevolezza di queste dinamiche è già un primo passo potente verso la trasformazione. Comprendere le proprie reazioni e i meccanismi difensivi aiuta ad aprire nuove possibilità per costruire rapporti più sani e una maggiore sicurezza interiore.

Un vissuto interiore di grande sofferenza, che può accompagnare una persona nel tempo e influenzare profondamente la sua capacità di costruire legami autentici. La “fame emotiva” e il “vuoto di rapporto” che descrive Bonadeni sono esperienze che spesso derivano da bisogni affettivi insoddisfatti nell’infanzia e possono portare a un costante senso di insoddisfazione nelle relazioni adulte.

Tuttavia, anche se questi schemi possono sembrare radicati, non sono immutabili. La consapevolezza è già un primo passo: riconoscere queste sensazioni e comprendere da dove provengono permette di iniziare un percorso di trasformazione. Attraverso esperienze correttive, relazioni significative e, spesso, un lavoro terapeutico mirato, si può imparare a costruire nuovi modi di vivere l’intimità, il legame e la soddisfazione emotiva.

Questo è un meccanismo che spesso si manifesta nelle persone con un vissuto di carenze affettive nell’infanzia. Senza una piena consapevolezza di queste dinamiche, si possono ripetere schemi di relazione che confermano la solitudine e la distanza emotiva, scegliendo partner emotivamente indisponibili o evitando situazioni sociali per paura del rifiuto. È come se, in modo inconscio, si cercasse di rivivere e confermare una realtà già conosciuta, anche se dolorosa.

Ma la buona notizia è che questi schemi non sono immutabili. Con un lavoro di consapevolezza, comprensione e, se necessario, supporto terapeutico, è possibile interrompere il ciclo e costruire esperienze affettive più soddisfacenti. Il primo passo è riconoscere questi automatismi e iniziare a fare scelte diverse, anche se inizialmente possono sembrare estranee o difficili.

La relazione primaria con la figura materna o con chi ha svolto quel ruolo costituisce un modello emotivo fondamentale. Nei primi anni di vita, il bambino interiorizza le esperienze di cura, protezione e amore, costruendo così le basi per la sua futura capacità di fidarsi, connettersi e percepire sicurezza nelle relazioni affettive.

Se questa relazione iniziale è stata instabile, imprevedibile o carente, è possibile che da adulto si sviluppino difficoltà nell’aprirsi completamente all’intimità e nella gestione delle emozioni nelle relazioni sentimentali. Alcuni schemi possono ripetersi inconsciamente, portando a scelte che confermano quel vissuto, persino quando il desiderio è quello di costruire legami più sani.

L’attaccamento sicuro è alla base di un senso di sé stabile e di relazioni equilibrate in età adulta. Quando questi bisogni essenziali come protezione, empatia e accettazione—vengono trascurati o negati nell’infanzia, il bambino può sviluppare un profondo senso di solitudine emotiva e una difficoltà nel fidarsi degli altri.

Questa deprivazione può influenzare la capacità di costruire legami autentici, portando a schemi relazionali caratterizzati da insicurezza, paura dell’abbandono o, al contrario, eccessiva chiusura emotiva. Tuttavia, come ogni schema, anche quello della deprivazione emotiva può essere trasformato. Attraverso esperienze correttive, relazioni sane e percorsi di consapevolezza, è possibile imparare a soddisfare quei bisogni in modo diverso, costruendo connessioni più profonde e appaganti.

Nelle relazioni sentimentali questo schema può creare un ciclo di insoddisfazione emotiva, in cui la persona percepisce costantemente una mancanza di attenzione, rispetto e amore da parte del partner. Questo vissuto spesso nasce da esperienze infantili in cui i bisogni emotivi non sono stati adeguatamente riconosciuti, portando a una continua ricerca di conferme e rassicurazioni che, purtroppo, sembra non essere mai abbastanza.

Questa dinamica può generare frustrazione, perché anche quando il partner offre affetto, la persona con questo schema può sentirlo insufficiente o poco autentico, alimentando un senso di vuoto e insicurezza. Tuttavia, comprendere queste radici è il primo passo per trasformare il modo in cui si vivono le relazioni. Lavorare sulla propria autostima, sulle proprie aspettative e su strategie per costruire un attaccamento più sicuro può fare la differenza.

 

 

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